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ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE: RIMBORSO IRAP E ONERE DELLA PROVA

In tema di IRAP, il professionista inserito in un’associazione professionale, sebbene eserciti anche una distinta e separata attività, diversa da quella svolta in forma associata, al fine di sottrarsi all’applicazione del tributo è tenuto a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati dall’adesione alla detta associazione (Corte di Cassazione – Ordinanza15 novembre 2017, n. 27042).

La Suprema Corte rigetta il ricorso della contribuente, esercente la professione di dottore commercialista, avverso le sentenze della CTR e CTP, in materia di rimborso dell’IRAP.
La Cassazione evidenzia che la Commissione tributaria regionale, premesso che la contribuente è socia di uno studio associato da cui ritrae redditi da partecipazione pacificamente soggetti ad IRAP (l’associazione costituita tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di una attività professionale è- ex lege- soggetto passivo dell’IRAP), ha ritenuto che la stessa, anche nell’esercizio della attività professionale in forma autonoma e distinta da quella svolta in qualità di associata, si sia comunque avvalsa della struttura organizzativa costituita dallo studio associato, trattandosi della medesima attività di dottore commercialista svolta negli stessi locali dello studio associato, e non avendo la contribuente dato prova di avere effettuato l’attività professionale in proprio prescindendo dall’utilizzo della struttura organizzativa dello studio associato.
Tale motivazione è conforme ai criteri di distribuzione dell’onere probatorio affermati da Cassazione in tema di rimborso IRAP. Nelle ipotesi in cui sia l’ente impositore ad emettere un avviso di accertamento con il quale richiede il pagamento dell’IRAP, è onere dell’Ufficio procedente, a norma dell’art. 2697 cod. civ., fornire la prova della sussistenza del fatto costitutivo della pretesa erariale (autonomia organizzativa nei casi di reddito professionale).
Diversamente, nelle controversie relative alla richiesta di rimborso IRAP promosse dal contribuente che, dopo essersi dichiarato soggetto all’imposta ed averne effettuato il versamento, sostiene di essere incorso in un errore dichiarativo, la ripartizione dell’onere probatorio si inverte, non essendo più onere dell’Ufficio dimostrare la sussistenza del presupposto impositivo (affermato dallo stesso contribuente con la propria dichiarazione), ma è onere di chi agisce per ottenere la restituzione dell’imposta versata fornire la piena prova della inesistenza del presupposto impositivo precedentemente dichiarato, con la conseguenza che il mancato o incompleto assolvimento di tale onere comporta il rigetto della pretesa restitutoria.
Con specifico riguardo al caso del contribuente che, contemporaneamente, sia compartecipe di uno studio professionale associato e svolga la medesima attività professionale anche in forma autonoma, la Corte ha ribadito il principio che, in tema d’IRAP, il professionista inserito in un’associazione professionale, sebbene eserciti anche una distinta e separata attività, diversa da quella svolta in forma associata, al fine di sottrarsi all’applicazione del tributo è tenuto a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati dall’adesione alla detta associazione.

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